La nostra filosofia

Mons. Giuseppe Chiaretti

Arcivescovo emerito

di Perugia – Città della Pieve

 

INSIEME

Una ipotesi di Villaggio Aperto per una collaborazione pluridimensionale per e con gli anziani. Siamo convinti, come dice la Sacra Scrittura, che le persone “nella vecchiaia daranno ancora frutti” (Sal. 92,15). Essi, come dice il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, costituiscono una importante scuola di vita, capace di trasmettere valori e tradizioni e di favorire la crescita dei più giovani, i quali imparano a ricercare non soltanto il proprio bene, ma anche quello altrui. Se poi gli anziani si trovano in una situazione di sofferenza e dipendenza, non solo hanno bisogno di cure sanitarie e di un’assistenza appropriata, ma, soprattutto e sempre, di essere trattati con amore” (n. 222), giacché “l’essere umano è fatto per amare e senza amore non può vivere”. Diceva Giovanni Paolo II nel suo messaggio alla Seconda Assemblea Mondiale sull’Invecchiamento (3 Aprile 2002), che gli anziani “non solo possono rendere testimonianza del fatto che ci sono aspetti della vita, come i valori umani e culturali, morali e sociali, che non si misurano in termini economici o di funzionalità, ma offrire anche un contributo efficace nell’ambito lavorativo e in quello della responsabilità. Si tratta non solo di fare qualcosa per gli anziani, ma anche di accettarli come collaboratori responsabili, con modalità che rendono ciò veramente possibile, come agenti di progetti condivisi, in fase sia di programmazione che di dialogo e di attuazione”.

Per questo nasce “Insieme”, giacché, come dice Chiara, “ogni diversità diventa ricchezza per tutti “ ( p. 228), e “nessun uomo è un isola solitaria” in mezzo all’oceano in tumulto; semmai sarà un arcipelago con le isole che si richiamano a vicenda e fanno corona.

Si tratta allora di costituire il grande laboratorio della solidarietà, in cui onorare ogni singola persona per la innata dignità che la caratterizza, e che è “dono” prima d’essere individuo funzionale all’agire. Una solidarietà che è dono di attenzione, di affetto, di presenza e anche, se occorre, di aiuti economici come dice la parola ( solidum=soldo). L’insieme di più persone, perciò, consente di realizzare un altro pilastro del nostro stare e del nostro vivere insieme: il pilastro della sussidiarietà, quando chi può aiuta chi non può, senza bisogno di invocare subito soccorso dell’ente pubblico, il quale assai spesso ha altre mire o altre urgenze forse più “politiche” che reali. E’ questa la ricca e originale tradizione cristiana, che ha dato vita a poderose opere di assistenza, dagli ospedali alle accoglienze di vario genere, con le “fraternità” laicali e simili.

La famiglia aperta è, dal nostro punto di vista, un laboratorio permanente di unità –solidarietà-sussidiarietà, perché c’è uno sguardo nuovo, ed una nuova forza trainante, per intraprendere un “cammino insieme”, coinvolgendo giovani e anziani, piccoli e adulti, sani e malmessi in salute. La famiglia, l’insieme della famiglia, è il terreno di coltura dell’umanità dell’uomo, sia al suo nascere che al suo tramontare. Altre istituzioni sono di supporto e di integrazione, non di sostituzione, eccettuato i casi di assenza o di mancanza del tessuto e del clima familiare. E’ importante, quindi, riprodurre in ogni caso il contenuto specifico del rapporto familiare, il “prendersi cura” dell’altro che è sempre carne della propria carne. Nessun uomo, quindi deve rimanere un’isola dispersa nella sua solitudine. L’insieme va declinato in tutte le sue possibilità, come dice il nome stesso, che è fusione delle due dimensioni della simultaneità dell’impegno (simul) e della solidarietà per riuscire nell’impresa (semel).

1ª declinazione: l’insieme delle varie stagioni della vita

-Non separare i piccoli dagli anziani. Enfatizzate ragioni igieniche non vedono di buon occhio questa frequentazione; ma i piccoli sono la luce e la gioia degli anziani, e viceversa.

-Favorire l’incontro degli adolescenti e dei giovani con gli anziani: la vita si impara da chi l’ha vissuta, il quale, se saggio (come tutti ci auguriamo), sa anche mettere in guardia i giovani da tanti errori.

-Pretendere che i figli adulti si interessino regolarmente dei loro anziani, facciano visita, chiedano consigli, raccontino quel che accade in maniera che l’anziano si senta ancora in famiglia.

2 ª declinazione: l’insieme degli operatori di “vita buona”

E’ la vita degli anziani, da desiderare più “buona” possibile:

  • fisicamente, aiutato da medici e infermieri ed anche da possibili specialisti, soprattutto per l’igiene e la mobilità

  • mentalmente, interessandosi della vita “politica” della nazione e del proprio paese e partecipando alle eventuali animazioni ricreative;

  • spiritualmente, partecipando con assiduità alla vita religiosa dell’ambiente e alla preghiera comunitaria, e interessandosi delle vicende della Chiesa nel mondo e nel proprio territorio.

 

 

3 ª declinazione: l’insieme delle iniziative per aiutare chi meno sa, meno può, meno fa

– C’è sempre chi è più bisognoso di noi, ed è cosa saggia che anche chi è condizionato da varie difficoltà si interessi di chi sta peggio di lui.

– Si può sempre aiutare ( qualcuno e qualche iniziativa) con l’interessamento, il ricorso, la preghiera personale e comunitaria particolarmente insistita, ed anche, talvolta, con la propria presenza e il lavoro delle proprie mani.

– Ma soprattutto possiamo aiutare Gesù, l’Amore abbandonato, a completare nella nostra carne quel che ancora manca di partecipazione umana al mistero della sua Passione. Gesù sentì allora tutto il peso dell’abbandono da parte del Padre perché ai suoi occhi era diventato “peccato”, al fine di poterlo distruggere in maniera vicaria, prendendo cioè il nostro posto.

10 Novembre 2012

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